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qui la critica di Repubblica
Angelo
- Marina
Orlando - La Rosa
in
La notte di Natale
(e Marzia)
scritto e diretto da
Giorgio Serafini Prosperi
Cosa succede se un ragazzo con un lieve disturbo mentale ed una
vedette televisiva in carriera si incontrano in maniera tutt’altro
che fortuita? Lei, Marzia Lippi, sta vivendo una fase delicata
della sua professione e si trova, pur di non perdere ciò
che ha, a dover onorare un contratto pubblicitario non proprio
ortodosso. Lui, semplicemente Natale, vede il mondo con gli occhi
di un bambino e con l’innocenza e la logica di un bambino
affronta la vita. E’ un suo fan, lei per lui non è
solo l’immagine che rappresenta, è reale, fa parte
dell’universo che si è costruito, la sua passione
per lei – mediata attraverso l’amplificazione televisiva
– è pura, senza inganni, proprio come quella di un
bambino. Lei è invece distratta da un cinismo di facciata
che le impedisce di vedere oltre. Le circostanze li mettono a
confronto: si trovano a passare insieme un intero week end. Apparentemente
non hanno nulla da dirsi; scopriranno invece, al di là
dell’ovvio, la possibilità di un rapporto intenso
quanto inaspettato. Ma dovranno scoprirsi, allentare le difese,
mettersi in gioco…
APPUNTI E PENSIERI (A VOCE ALTA) DAL TESTO ALLA SCENA
Entrare nel mondo di Natale è come commettere volontariamente
una violazione della privacy. C’è bisogno di entrare
nella sua mente, di sapere cosa pensa, cosa prova e soprattutto
da che prospettiva vede il mondo. Questo ci è sembrato
il punto di partenza fondamentale e così ci siamo chiesti
successivamente cosa gli piace mangiare, che musica ascolta, in
che posizione dorme, qual è l’esatta immagine che
vede dalla finestra. Tutto questo lungi da vacue pretese documentaristiche
o di immedesimazione, esclusivamente perché in questo testo
Natale è il suo mondo, ed il suo mondo rivela Natale più
di ogni altra elucubrazione teorica. Abbiamo seguito, per così
dire, e per usare un termine che sarebbe piaciuto a Sherlock Holmes,
un metodo eminentemente deduttivo.
Ci siamo domandati, poi, sia dal punto di vista autoriale che
registico, perché la televisione incida così pesantemente
sulle nostre vite e su quella di Natale, che ci rappresenta. La
risposta ci ha un po’ spaventato, anche se ci ha fornito
degli ottimi spunti scenici. Un recente studio ha dimostrato che
il livello di attenzione media di un individuo occidentale ha
la durata esatta del tempo che intercorre in tv tra un’interruzione
pubblicitaria e l’altra. I personaggi televisivi, creati
a tavolino, sono l’emblema per la nostra civiltà
di quello che un tempo erano gli eroi mitici, i santi, i condottieri,
in una generale confusione dei ruoli e con delle biografie –
sia detto – assai meno interessanti. Perché, più
di ogni altra, la televisione racconta una fondamentale bugia:
“signori, quello che vedete è reale”, sembra
dire non senza ammiccare. Invece non si tratta di che di prestidigitazione,
di manipolazione. In una parola, di finzione. Ci è piaciuto
immergerci in questa nuova mitologia, in questa Iliade nazional-popolare
partendo proprio dalla frequentazione con Marina La Rosa, che
non a caso interpreta Marzia. Vedendola a contatto col suo pubblico
si è rafforzata in noi sia la convinzione nell’averla
scelta per il ruolo che l’idea di partenza: Marina è
continuamente identificata con il personaggio creato dalla sua
partecipazione al Grande Fratello. Per i telespettatori ed anche
per i meno avveduti frequentatori dei teatri Marina è “quella”.
Nessuno si cura di darle atto di essere sparita dalla tv da almeno
tre anni, di avere studiato da attrice, di essersi preparata a
questo ruolo con umiltà e dedizione, coltivando e dimostrando
un talento cristallino, contrariamente a tante sue colleghe con
una carriera più regolare. Marina è ingabbiata nel
suo cliché: è il Grande Fratello, al massimo l’immagine
di un calendario osé. Ma, pur non rinnegando le sue scelte,
non è solo quello. E lo vuole dimostrare. Proprio come
la nostra Marzia vuole affermare capacità professionali
e personalità; riuscendoci, come l’attrice che la
rappresenta, – a nostro avviso – in pieno.
Diverso è il discorso per Angelo Orlando, opposto direi,
lui è attore consumato, che però rischia anch’egli
di essere riconosciuto quasi esclusivamente per le sue apparizioni
in tv, quale terribile nemesi!
Di Angelo ci ha commosso e lusingato il suo fulmineo innamoramento
per il personaggio di Natale, il suo approccio al mondo fatto
degli stessi genuini stupori e la sua profonda e solare intelligenza.
Con lui non c’è stato nemmeno bisogno di parole:
Natale – pur diversissimo – sonnecchia in lui e nei
suoi delicati nonsense, si aggira tra le pieghe delle sue poesie,
aleggia nel suo sguardo attento e trasognato. Ci è bastato
stimolarlo e scovarlo. E risvegliarlo. E lui ci ha fornito un
apporto fondamentale.
Due parole sulle musiche di Francesco De Luca e Alessandro Forti,
nostri collaboratori da anni. Il loro apporto, come scoprirete,
non è affatto accessorio. Abbiamo pensato allo spettacolo
come una misura musicale, un insieme di movimenti da cui l’azione
scenica non può prescindere. Un po’ come si fa nel
cinema. Natale e Marzia grazie a loro hanno una vita più
ricca.
Giorgio Serafini Prosperi
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